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July 14th, 2022:

Le Guerre e il Regno dei Cieli

“Padre, come si fa a vivere con questo salario?” Teresa è una mamma con due figli e un marito dileguatosi da tempo nell’immensità di Kibera. E’ fortunata perché ha un lavoro regolare con uno stipendio di 12,000 scellini al mese, che molti se lo sognano. Già, come si possa vivere con 12,000 scellini al mese, che sono quasi esattamente 100 euro, con due figli, è difficile da capire.

In un post di ieri, ragionando sul deterioramento della situazione economica a Nairobi e sulla difficile scelta che la ONG Amani ha fatto anni fa di dare pasti sostanziosi (oltre ad affetto, educazione e cure mediche) ai bambini ospiti nelle nostre case di Nairobi, Antonio Spera ha scritto:

“Nel supporto alla comunità locale qui a Nairobi c’è anche l’acquisto delle cosiddette commodities: farina per preparare l’ugali (la polenta locale), olio per cucinare, the, riso locale, sale, zucchero, sapone solido per lavare i panni. Di questo parliamo. Un decimo di un qualsivoglia paniere nazionale. Questo è ciò che viene acquistato per la gestione ordinaria dei centri, per quello che viene chiamato family support all’interno di un più complesso programma di reintegro dei bambini e delle bambine più vulnerabili all’interno del loro nucleo familiare.
Analizziamo: 1 litro di olio di semi da gennaio a luglio passa da 205 scellini kenyani a 395. Ancora? La farina locale per l’ugali da 97 a 202; riso da 90 a 140; una bustina di sale da 10 a 20 scellini; lo zucchero da 95 a 130 scellini e infine una comunissima barra di sapone per lavare i panni, quando c’è l’acqua, da 160 a 210. Di questo stiamo parlando. L’abc della spesa. Facciamo i conti facili facili: quella stessa spesa a gennaio ti costava circa € 7,50 e ora ti costa circa € 11,50”.

Questa spesa, sottolineo io, è per un litro di olio, due chili di farina di polenta, mezzo chilo di sale, un chilo di zucchero e una barra di sapone per bucato più economico, che viene usato anche per l’igiene personale perché la saponetta profumata è un lusso. Ben lontano dal bastare per un mese per una donna con due figli. E il resto? Proteine di fagioli o uova o carne? Verdura e frutta fresca? L’acqua che devi comprare in tanche perché in casa non c’è? La carbonella per cucinare? Qualche vestito e scarpa sia pure occasionalmente lo si compra o no? L’affitto, quell’incubo mensile?

Le conseguenze economiche delle crisi internazionali, Covid e guerra Russia-Ukraina, e della siccità che sta progressivamente inaridendo i pochi pascoli rimasti e uccidendo il bestiame nel nord del paese, sono devastanti. Eppure oggi, aprendo il più diffuso quotidiano locale non ne trovo cenno. Già, il quotidiano lo comperano solo i benestanti.

Che campeggia nei quotidiani sono le elezioni per la Presidenza, il Senato e il Parlamento, che si terranno il 9 agosto. Elezioni che nella recente storia del Kenya sono sempre state occasioni di tensioni sociali capaci di esplodere in violenza generalizzata. Ai disperati si vorrebbe far credere che il loro destino dipende dalla vittoria elettorale di un rappresentante della loro etnia. La vera divisione invece non è fra gruppi etnici, o fra gente che ha il colore della pelle diverso.

“Teresa, lo chiedo io a te, come puoi vivere con 12,000 scellini al mese”. Sorride. “Mia mamma dal villaggio ogni tanto mi manda del cibo, una gallina, un sacchetto di fagioli, qualche uova. Ci aiutiamo. Anche con i vicini”. Vicini che vivono come lei, ogni giorno una lotta. La necessità ci fa riscoprire che abbiamo bisogno degli altri e gli altri hanno bisogno di noi. Per tutto, non solo per mangiare. Per sentirci persone umane.

Però ci sono situazioni in cui la solidarietà fra poveri non basta più, i beni che la gente di Kibera ha a disposizione non sono più sufficienti neanche se condivisi. Lo si vede dai segni di fame cronica, i volti emaciati, i bambini smagriti che non hanno più voglia di giocare. I tentativi di suicidio in aumento. Troppa gente è al limite della disperazione.

E’ una delle tante crisi che vengono dal di fuori, e della quali i poveri sono vittime. I “grandi e potenti di questo mondo” di questo ventunesimo secolo sono regrediti e conoscono solo violenza e guerra per risolvere le loro dispute. La guerra Russia-Ukraina, al di la di tutte le considerazioni geo-politiche, ci spaventa perché oscura nei poveri e nei giovani l’orizzonte della speranza, e rallenta il cammino verso l’umanizzazione – il Regno dei Cieli che è già in noi lo chiamava Gesù – che vogliamo testardamente percorrere.

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