Mi hanno chiesto perché il 9 ottobre parteciperò alla Marcia della Pace e della Fraternità da Perugia ad Assisi.
E’ molto semplice.
Perché ho visto la guerra. Sui Monti Nuba in Sudan ho visto la popolazione civile rifugiarsi nelle grotte e viverci per settimane per sfuggire ai bombardamenti del governo di Khartoum. Gli occhi terrorizzati dei bambini. La paura che ti rode le viscere quando senti i fischi e poi le esplosioni delle bombe che ti cadono tutto intorno. Le grida di chi fugge e dei morenti. L’odore di morte quando tutto è finito.
Perché ho visto le conseguenze della guerra. Ho visto il campi dei darfuriani rifugiatisi sui Monti Nuba. Dei nubani rifugiatisi in Sud Sudan. Dei sudanesi, somali, ruandesi, burundesi rifugiati in Kenya e in Zambia. Conosco il degrado e la miseria dei rifugiati che vivono nella periferia di Nairobi. Il dolore del vivere lontano dalla famiglia. La disperazione che spinge a tentare di andare ancora più lontano, a rischiare la vita, attraversare il mare andando incontro ad un mondo ignoto.
Perché ho conosciuto i mutilati, gli ex-bambini soldato, gli occhi spenti di chi ti racconta la morte orribile dei propri cari
Sarò alla Marcia da Perugia ad Assisi perché sono consapevole che nel mondo è in atto in grande conflitto alimentato dai mercanti di armi, dai drogati del potere, dai prigionieri dell’odio e dell’egoismo, ai danni dei poveri e dei senza potere. Partecipando alla marcia vorrei diventasse chiaro che nonostante le mie incoerenze mi voglio schierare dalla parte delle vittime dell’ingiustizia e della sopraffazione, contro la cultura della morte e dello scarto. Vorrei che questa marcia rappresentasse la volontà di tanti di fermare nuove guerre, nuove violenze.
Perché non voglio essere corresponsabile delle sofferenze di tante vittime innocenti: i bambini, gli anziani, i perseguitati, le persone abusate, private di libertà e di dignità, gli esuli, i profughi. Tutti coloro ai quali è stato rubato il gusto della vita. Perché non vorrei partecipare mai più a giornate di ricordo per i disperati che sono morti in mare sfuggendo alla guerra, ma a giornate di gioia per celebrare la fraternità ritrovata.
Perché credo in una chiesa che preferisce accogliere piuttosto che giudicare, stare dalla parte dei poveri, dei perseguitarti, delle vittime delle guerre piuttosto che dei vincenti. Perché credo che potremmo essere vincenti tutti insieme solo costruendo fraternità e pace.