È in corso a Khartoum una
feroce repressione contro le proteste che si sono scatenate dopo che il governo ha quasi raddoppiato il prezzo del carburante. La stampa internazionale ne ha dato notizia, quando lo ha fatto, riportando un comunicato stampa di Amnesty International che ha chiesto al governo del Sudan di
«cessare immediatamente l’uso della forza arbitraria e illegale nei confronti dei manifestanti che da giorni protestano contro il taglio dei sussidi alla benzina. Tra il 24 e il 25 settembre le forze di sicurezza hanno ucciso, colpendoli alla testa e al petto, almeno 50 manifestanti. Secondo fonti e attivisti locali, i morti sarebbero oltre 100. Solo a Omdurman, sono stati spediti all’obitorio 36 cadaveri ed eseguiti 38 interventi chirurgici. La maggior parte dei manifestanti uccisi erano di età compresa tra i 19 e i 26 anni».
Gli attentati terroristici avvenuti in Kenya, Pakistan, Nigeria e le tensioni in altre parti del mondo, Siria e Repubblica Centrafricana, hanno cospirato a far passare inosservate le vicende sudanesi di questi giorni, ma non pochi si domandano se non siamo arrivati al capolinea per il regime del presidente Omar El-Bashir, al potere dal 1989. Da anni, da quando fu spiccato un mandato di cattura contro di lui dalla Corte penale internazionale (Cpi), si sono scatenate proteste contro il suo regime, ma finora tutte sono state represse con successo. Che sia questa l’inizio della fine per El-Bashir?
In questi giorni migliaia di persone sono scese in strada in tutto il paese, dapprima a Wad Madani e poi nella capitale Khartoum, e in tutte le città più importanti. Il 25 settembre Internet è stato sospeso e gli organi di stampa sono stati messi sotto stretto controllo dalle forze di sicurezza. Nonostante questo, i social network di tutto il mondo hanno potuto far circolare foto e video amatoriali in cui si vedono decine di vittime. Le informazioni di domenica 29 settembre davano il numero dei morti, solo a Khartoum, a più di 210.
Il dottor Ahmed al-Sheikh, responsabile di un’associazione di medici, ha testimoniato che i morti erano stati colpiti alla testa o al petto e che le forze di sicurezza intimavano ai parenti di denunciare “morte per causa naturale” sul certificato medico, minacciando e arrestando anche alcuni dottori che non erano disposti a collaborare.
Altre fonti confermano che le persone detenute dal NISS (Sudan National Intelligence and Security Services, i servizi segreti) sono nell’ordine delle centinaia ed è facile immaginare, perché è la routine, che siano sottoposte a torture, come è stato sottolineato dall’African Centre for Justice and Peace Studies , basato a New York.
Venerdì 27 settembre, le forze di sicurezza hanno chiuso gli uffici di Khartoum di Al-Arabiya, un canale televisivo degli Emirati Arabi Uniti con l’accusa di diffondere notizie false. Al-Sudani e Al-Meghar Al-Siyasi, due quotidiani, sono pure stai sospesi, mentre altre pubblicazioni si sono auto-sospese in segno di protesta.
L’impressione che il regime di El-Bashir sia ormai alla fine, è rafforzata anche dal fatto che ieri, domenica 29, il presidente abbia cancellato un discorso pubblico perché la grande folla che di solito presenzia a simili manifestazioni, non c’era.
Mohamed Yassin, ricercatore all’università di Udine e portavoce in Italia del Splm-N, ha detto che «la comunità internazionale diventa cieca e sorda quando ci sono vittime in Sudan, mentre le notizie che riguardano la chiusura degli oleodotti sudanesi sono sempre riportate e commentate per esteso. Sappiamo ciò che avviene in Sudan solo attraverso gli attivisti locali, che rischiano la vita per diffondere foto e video. La comunità internazionale nel migliore dei casi fa dichiarazioni e condanne molto generiche e quasi di routine, assolutamente inefficaci a fermare il fiume di sangue che sta sommergendo il Sudan».
Ma purtroppo El-Bashir, con il supporto del fanatismo islamico, è stato altre volte capace di uscire vincente da situazioni che sembravano estreme. Non posso non ricordare un incontro a Nairobi (Kenya) nella casa di un eminente politico sud-sudanese in esilio, Clement Mboro, nel 1989, poche settimane dopo che El-Bashir aveva preso il potere con un colpo di stato. Erano presenti tutti i più importanti politici dell’opposizione sudanese del momento, e fra gli altri Bona Malwal, intellettuale e politico sud-sudanese che era stato sorpreso in Inghilterra dal colpo di stato. Malwal fece una lunga e precisissima analisi politica di quello che era successo a Khartoum, per concludere con un categorico: “Tutto questo mi rende sicuro che El-Bashir sarà scalzato prima di Natale”. Sono passati ventiquattro anni: Mboro, coerente fino alla fine, è morto in povertà a Nairobi; El-Bashir è ancora al potere a Khartoum e Bona Malwal, sistemato in una lussuosa villa a Khartoum, ne è il principale consigliere politico per gli affari sud-sudanesi.
In Khartoum (Sudan) there is an
ongoing vicious repression against the street demonstrations triggered after the government has nearly doubled the price of fuel. The international media broke the news quoting a press release from Amnesty International, which has called on the government of Sudan to
“immediately stop arbitrary and unlawful use of force against demonstrators who protested for days against the cut of subsidies on petrol . Between 24 and 25 September security forces have killed , hitting them in the head and chest, at least 50 protesters. According to sources and local activists , the dead would be over 100. Only in Omdurman , 36 dead bodies were sent to the morgue and 38 surgeries were performed. Most of the protesters killed were aged between 19 and 26 years.“
The terrorist attacks in Kenya , Pakistan , Nigeria and the tensions in other parts of the world , Syria and Central African Republic, conspired to hide the Sudanese events. Yet some commentators have wondered if the regime of President Omar El -Bashir , in power since 1989, has reached the end of the road. For years , since the International Criminal Court ( ICC) has issued an arrest warrant against him, there have been protests against his regime , but so far all have been successfully repressed. Is this the beginning of the end for El- Bashir?
Thousands of people took to the streets across the country , first in Wad Madani and then in the capital Khartoum, and in all the major cities. On September 25, the Internet was suspended and the media were put under strict control by the security forces . Despite this , social networks around the world have been able to circulate photos and home videos where you see dozens of victims. Reliable sources confirmed that the dead, only to Khartoum, by Sunday 29 Septemebr were more than two hundred and ten. Dr. Ahmed al -Sheikh , head of an association of physicians , testified that the dead had been shot in the head and chest , and that the security forces summoned the relatives and wanted them to agree that on the medical certificate the doctor would write “death by natural causes”, and threatening to arrest them and the doctors who were not willing to cooperate.
Other sources confirm that persons detained by the NISS ( Sudanese National Intelligence and Security Services , the Secret Service ) are several hundreds. It is easy to imagine that they are mistreated and tortured, because it is the routine, as was pointed out by the New York based African Centre for Justice and Peace Studies.
Friday, September 27, in Khartoum security forces have closed the offices of Al- Arabiya , an United Arab Emirates television channel, on charges of spreading false news. Al- Sudani and Al- Meghar Al-Siyasi, two newspapers, were also suspended, while other publications have self – suspended in protest.
The impression that the regime of El -Bashir is now at the end of the road is reinforced by the fact that on Sunday 29 the president has canceled a public speech because the large crowd that usually attends such events , was not there. It has never happened before.
Mohamed Yassin , a researcher at the University of Udine in Italy and spokesperson of the SPLM -N , said that “the international community becomes blind and deaf when there are victims in Sudan, while the news about the closure of Sudanese pipelines are always published and commented in detail. We know what is happening in Sudan only from the local activists , who risk their lives to circulate photos and videos. The international community at the most makes very general and routine statements and condemnations that are totally ineffective in stopping the river of blood that is engulfing the Sudan.”
Unfortunately El- Bashir, with the support of fanatic Islamists, was in the past able to overcame extremely difficult situations, and stay put in power. I remember a meeting I attended in 1989, a few weeks after El- Bashir took power in a coup, in Nairobi (Kenya ) in the home of a prominent south-Sudanese politician in exile, Clement Mboro. There were all the most important Sudanese opposition politicians of the moment, among others Bona Malwal , an intellectual who was in the U.K. at the time of the coup and had decided not to go back to Khartoum. Malwal had a long and very accurate political analysis of what had happened in Khartoum, concluding with a categorical: “All this makes me sure that El -Bashir will be ousted before Christmas”. It’s been twenty-four years: Mboro , consistent until the end , died in poverty in Nairobi , El-Bashir is still in power and Bona Malwal lives in a luxurious villa in Khartoum paid by El-Bashir as his main political adviser on South Sudanese matters.