Ormai da due anni sui Monti Nuba è tornata la normalità della guerra. Il conflitto armato fra ribelli nuba che affermano il proprio diritto all’autodeterminazione, iniziato nel 1983, sospeso dal cessate il fuoco del 2002, congelato con l’accordo di pace fra Nord e Sud Sudan del 2005, è ripreso nel giungo del 2011, poco prima che il Sud Sudan proclamasse la propria indipendenza. Da allora i Monti Nuba, rimasti intrappolati nel Sudan, ma rispetto agli anni precedenti con il grosso vantaggio di un lungo confine col Sud Sudan, sono di nuovo teatro di scontri. Il territorio è in mano allo SPLA-N (Esercito di liberazione del popolo sudanese- N), confluiti con i ribelli del Darfur e del Southern Blu Nile, nel SRF (Sudan Revolutionary Front, o Fronte rivoluzionario sudanese) mentre il governo di Khartoum mantiene la supremazia aerea bombardando campi e villaggi per provocare fame e la fuga delle popolazione verso il Sud.
Si calcola che ormai del circa un milione e mezzo di nuba residenti nella zona, trecentomila siano rifugiati in Sud Sudan e altri quattrocentomila siano IDP (Internally Displaced People – sfollati – , nel gergo delle agenzie umanitarie) nel loro stesso paese. Molti di loro vivono nascosti nelle grotte sulle montagne e scendono a valle solo per coltivare i campi, sempre pronti a rifugiarsi nelle buche che hanno scavato come protezione contro i bombardamenti. Una situazione ben descritta dal documentario RAI di Enzo Nucci, Silenzio sugli Innocenti, andato in onda lo scorso settembre.
Le notizie filtrano dai Monti Nuba con grande difficoltà. Quella che segue è un’arida cronaca di bombardamenti e sofferenze che si sono succeduti in una settimana come le altre.
Il 20 maggio 2013 alle 11.15 due caccia Sukhoi del Sudan Air Force (SAF) – la forza aerea sudanese – hanno sganciato una bomba sulla città di Buram. Alle 17.20 un Antonov della SAF ha sganciato altre 5 bombe su Buram. Non sono segnalati morti o feriti.
il 21 maggio 2013 alle 11.10 un Antonov (SAF) ha sganciato 4 bombe sulla città di Buram e 2 bombe sul villaggio di Tabanya. Non sono segnalati morti o feriti. In totale, nella settimana in questione, sono state sganciate 21 bombe nella zona di Buram.
Il 22 maggio 2013 alle 11.00 due caccia Sukhoi (SAF) hanno sganciato due bombe sul villaggio di Ngorbang. Le bombe sono cadute nei campi vicini, mentre i contadini stavano seminando, ma nessuno è rimasto ferito.
Il 23 maggio 2013 alle 9.30 un Antonov (SAF) ha sganciato 5 bombe sul villaggio di Jebel Kuwa ferendo leggermente due donne che sono state portate in una vicina postazione medica per essere curate.
Il 24 maggio 2013 alle 17.00 un aereo militare sudanese ha sganciato 9 bombe appena fuori dal villaggio di Kudi. Le bombe hanno colpito due case e mandato schegge di roccia nell’aria. Una scheggia ha colpito una bambina di un anno, uccidendola sul colpo. Altre schegge hanno ferito cinque bambini nascosti nello stesso rifugio antiaereo. Nell’attacco sono rimasti feriti sette civili adulti.
Il 25 maggio 2013 alle 10.00 un Antonov (SAF) ha sganciato 3 bombe sul villaggio di Abu Hashim. Non sono segnalati morti o feriti.
Il 27 maggio le forze armate sudanesi hanno ripreso il controllo di Abu Kershola, a seguito del ritiro dalla città delle forza del SRF, che avevano preso il controllo della città lo scorso 27 aprile. Gli scontri ad Abu Kershola e villaggi circostanti hanno provocato 63.000 rifugiati, o sfollati interni (IDP Internally Displaced People, nel gergo delle agenzie umanitarie), come annunciato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA).
Save the Children Svezia ha rimesso in funzione quattro pompe a mano per fornire acqua a circa 2.000 persone nella zona di Dibeakir. Lo stesso gruppo ha anche migliorato le infrastrutture idriche a El Rahad (Nord Kordofan), dove ci sono più di 18.000 sfollati da Abu Kershola.
I ribelli SRF dopo la loro partenza dalla zona orientale del Sud Kordofan hanno fatto sapere che intendono effettuare altri attacchi nei prossimi giorni, accrescendo i timori che il conflitto in corso si estenda al resto del Nord Kordofan, alla città di Kosti e nella regione del Nilo Blu.
«La situazione della sicurezza nella zona di Abu Kershola è ancora fragile», afferma una valutazione effettuata dalla Mezzaluna Rossa sudanese. Tuttavia, circa 27.000 persone potrebbero tornare nella zona di Abu Kershola e hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria.
Non ci sono giornalisti professionisti in tutta l’area Nuba, vasta quasi un terzo dell’Italia. C’è, che io sappia, un solo collegamento internet per via satellitare, mobile e sempre accuratamente camuffato. I tre ragazzi che lo gestiscono sono tutti ex-allievi delle scuole che Koinonia ha tenuto aperte fra i nuba fino a poco tempo fa. Uno di loro ieri, via Facebook (!) mi ha scritto: “Padre, prega per noi. Il Signore ti guidi sulla strada per tornare tra noi, e nutra il tuo cuore con la Sua pace”.