Molti segnali fanno pensare che in Sudan siamo solo agli inizi di un piano di repressione contro tutte le chiese cristiane.
Il ministro sudanese Al-Fatih Taj Al Sir ha annunciato a Khartoum il 19 aprile, durante un discorso al parlamento, che non saranno più dati permessi per la costruzione di chiese, affermando che le chiese esistenti sono più che sufficienti per i fedeli, anzi, che molte chiese risultano essere abbandonate. Ha comunque garantito che la libertà di religione sarà rispettata.
Già agli inizi del 2012 agenti di sicurezza avevano perquisito la biblioteca della Chiesa Evangelica Presbiteriana del Sudan, che era stata fondata nel centro della capitale sudanese oltre cento anni fa, per “controllare il contenuto dei libri”. Poi in aprile dello stesso anno una folla violenta era entrata nei locali di una chiesa presbiteriana a Khartoum, bruciando le Bibbie e saccheggiando tutto. In giugno, sempre a Khartoum, due bulldozer mandati dal ministero delle pianificazione avevano distrutto due costruzioni appartenenti alla chiesa episcopale, dicendo che i fedeli non avevano nessun diritto di occupare quel terreno.
Il Consiglio Mondiale delle Chiese di Ginevra ha denunciato che molti orfanotrofi e alcune scuole affiliate alle chiese cristiane sono stati chiusi nel 2012.
Dallo scorso dicembre che segnali di repressione contro le chiese cristiane si sono intensificati, dopo che HUDO (Human Rights and Development Organization) aveva denunciato che i cristiani nuba erano sistematicamente fatti oggetto di discriminazioni da parte delle autorità locali in South Kordofan (l’area conosciuta anche come Monti Nuba) e delle autorità governative di Khartoum, e pochi giorni prima di Natale una chiesa in un sobborgo di Khartoum era stata demolita.
Il 20 dicembre due preti della chiesa Copta Ortodossa erano stati arrestati per aver preparato la conversione al cristianesimo di una donna musulmana.
Il 12 aprile il segretario generale della conferenza episcopale, padre Santino Morokomomo Maurino, di nazionalità sud-sudanese, è stato espulso, quasi contemporaneamente alla chiusura di un istituto cattolico, il Catholic Language Institute of Khartoum (CLIK) che operava dal 1986 per l’insegnamento dell’arabo ai missionari, ma che negli ultimi anni era frequentato soprattutto da studenti laici. Immediatamente dopo sono stati espulsi anche i due missionari che gestivano il CLICK, il francese padre Michel Fleury e l’egiziano Fratel Hossam, entrambi della congregazione dei Fratelli de la Salle, la cui attività, si dice, era da tempo monitorata dai servizi segreti. In questo caso erano state fonti vicine alla chiesa cattolica a rassicurare la stampa che “l’espulsione di padre Maurino e dei due missionari lassaliani che gestivano il centro linguistico per conto della conferenza episcopale è il risultato di errori amministrativi (cioè la conferenza episcopale non aveva richiesto l’autorizzazione per la frequenza di laici) e non intende cambiare le relazioni esistenti fra la Chiesa Cattolica e il governo”.
Le autorità ecclesiastiche non vogliono esacerbare gli animi, ma ormai è chiaro con l’ultima dichiarazione ministeriale che è in corso un vero e proprio un cambiamento della politica del governo sudanese nei confronti dei cristiani.
Sin da quando si era capito, nel 2011, che il Sud Sudan avrebbe scelto per l’indipendenza, il governo di Khartoum aveva minacciato l’introduzione della legge islamica, la sharia, nel nord, che in conseguenza della divisione del paese sarebbe diventato a netta prevalenza islamica.
Le azioni di questi ultimi mesi potrebbero essere la preparazione al mancato rinnovo dei permessi di residenza a missionari, per arrivare di fatto ad una espulsione “dolce” di tutto il personale straniero. Se i cristiani diminuiscono, se le chiese sono vuote, logica vuole che i missionari siano inutili, e che quindi il governo sia giustificato nel non rinnovare i permessi .
La realtà è un po diversa. Dall’ovest (Darfur) all’est (Southern Blue Nile) passando per i Monti Nuba e perfino per la periferia di Khartoum, la simpatia e il supporto per le chiese cristiane è in netta crescita. In alcuni casi, come sui Monti Nuba, le conversioni al cristianesimo sono in considerevole aumento, e il governo di Khartoum vede con enorme preoccupazione questo fenomeno: le aree più ostili alle sue politiche diventano progressivamente più cristiane. La decisione di intensificare la repressione e di muoversi verso leggi di tipo saudita rischia solo di far crescere le tensioni.