La scorsa domenica all’Uhuru Park, il grande “Parco della Libertà’” al centro di Nairobi e tradizionalmente luogo di tutti i grandi eventi della vita nazionale del Kenya, c’è stata un grande momento di preghiera, al termine di tre giorni e tre notti di un incontro che ha visto migliaia, decine di migliaia, di persone invadere il grande prato verde. Il popolarissimo Dr. David Owuor, o meglio Profeta Owuor, come ama farsi chiamare il fondatore della Repentance and Holiness Church (Chiesa della Penitenza e Santità), ha celebrato un servizio penitenziale alla presenza di quasi tutti i candidati alle elezioni presidenziali, che si terranno il prossimo 4 marzo. Fra gli uomini politici importanti mancava solo Musalia Mudawadi.
Gli elettori keniani saranno chiamati a scegliere non solo il Presidente e Vicepresidente – che corrono in coppia, sul modello americano – ma anche tutti i senatori, i parlamentari, i governatori delle 47 nuove counties o provincie, e i consiglieri per le stesse provincie. E’ un fatto nuovo, perché queste saranno le prime elezioni tenute per mettere in pratica i dettati della nuova costituzione, approvata con un referendum nell’agosto del 2010, che prevede un radicale cambiamento delle strutture di governo. Il senato, e il potere dato alla provincie con la figura del governatore sono una novità assoluta e queste elezioni avrebbero potuto promuovere un completo rinnovamento della classe politica. Invece non solo gli uomini politici più navigati hanno mantenuto un saldo controllo dei principali partiti, ma anche lo spettro della violenza che ha devastato il paese dopo le elezioni di cinque anni fa, è riapparso con forza negli ultimi mesi. Secondo un rapporto di Human Rights Watch intitolato “High Stakes: Political Violence and the 2013 Elections in Kenya,” (La posta in gioco: Violenza Politica e le Elezioni del 2013 in Kenya) nel 2012 e nelle prime settimane di quest’anno gli scontri inter-etnici in Kenya hanno causato più di 477 morti e 118,000 sfollati. Molti di questi incidenti sono legati a manovre pre-elettorali e sono stati pilotati da politici locali in cerca di voti.
L’evento all’Uhuru Park è stato più che altro un modo per cercare di esorcizzare questo spettro. I fatti ci diranno se il “Profeta Owuor” ha avuto successo, certo lui ha usato tutti i mezzi che la tradizione evangelico-pentecostale gli offriva, compresi i continui coreografati “alleluia”, le braccia alzate, lo sventolare di fazzoletti bianchi, i pianti e le manifestazioni di pentimento fra i partecipanti. Sul finale, mentre il profeta proclamava che “da oggi la pace regnerà in Kenya e Dio si prenderà cura delle vedove e degli orfani” qualcuno ha opportunamente portato sul palco un bambino di dieci anni, che secondo le affermazioni della madre sarebbe nato cieco e avrebbe acquistato la vista al passaggio del profeta. “E’ il simbolo del nuovo Kenya” ha gridato trionfante Owuor, nell’entusiasmo generale, mentre il bambino, ripreso in primo piano dagli operatori televisivi presenti, non sembrava affatto sorpreso di aver improvvisamente acquistato la vista, ma era evidentemente felice per la grande bottiglia di aranciata che gli è stata subito offerta, e se la teneva ben stretta al petto.
Gli uomini politici presenti durante il rito finale, inclusi i rappresentanti dei due principali partiti, Raila Odinga da un lato e Uhuru Kenyatta e William Ruto dall’altro, hanno partecipato in modo composto, lasciandosi andare solo ad uno spropositato uso della parola “fratello”, a sorrisi, strette di mano e di abbracci. Infine hanno solennemente promesso di mantenere la pace, chiunque vinca. Tutti in Kenya sperano che queste promesse non svaniscano come purtroppo svaniscono spesso le emozioni, le conversioni e le guarigioni che avvengono nel corso di queste grandi predicazioni. Tra l’altro gli scettici non possono dimenticare che Kenyatta e Ruto, rivali acerrimi cinque anni fa, sono accusati di crimini contro l’umanità alla corte penale internazionale dell’Aja.
Pochi giorni prima alcune chiese cristiane e la televisione governativa avevano organizzato un dibattito pubblico con i canditati presidenziali su temi considerati di rilevanza per le chiese cristiane, come l’aborto e il matrimonio omosessuale. Raila e Kenyatta non vi avevano partecipato, e il dibattito non ha avuto nessuna rilevanza pubblica. E’ un altro segno che le chiese cristiane più tradizionali, chiesa cattolica inclusa, stanno attraversando in Kenya un periodo di grande perdita di credibilità e autorevolezza. Non tanto a causa degli scandali di varia natura che hanno devastato le chiese negli ultimi anni, ma perché troppi pastori, preti e vescovi sono stati percepiti come persone di parte, quando addirittura non legati a una visione tribalista della società keniana. Sia prima delle elezioni che durante le violenze del 2008.
Il “Profeta Owuor” ha evidenziato che in questi giorni prima delle elezioni che la pace e il superamento del tribalismo (o negative etnicity come si dice in linguaggio politically correct) sono aspirazioni profonde della maggioranza della gente.