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November 26th, 2012:

Fallimento

Sto guidando l’auto, carica di bambini, nel centro di Nairobi ed ho, molto imprudentemente lasciato il finestrino aperto. Mi si avvicina una tipica persona di strada. Vestiti sdruciti e sporchi, alto, magrissimo, occhi arrossati, una smorfia che forse é un sorriso ma quasi privo di denti. Se non conoscessi le strade di Nairobi potrei dargli 50 anni, conoscendole penso che ne possa avere fra i venticinque e i trenta. E’ all’ultimo stadio della parabola discendente di una “vita di strada”. Gli stenti, la fame, lo sniffare la colla e la benzina, le infezioni, le discriminazioni e il disprezzo, le malattie di tutti i generi fanno si che a un certo punto la persona non reagisca più, si lasci morire. Penso che ormai avrà qualche mese di vita, e il recupero é quasi impossibile. Solo le suore di Madre Teresa accettano una persona ridotta cosi, e possono aiutarla a vivere gli ultimi giorni con solidarietà e affetto. L’uomo si appoggia al finestrino dell’auto, ferma a un semaforo. Sorride ancora, si, é proprio un sorriso, mi fissa con quegli occhi malati. La gente ben vestita continua a passare sul marciapiede, frettolosa. Sono impiegati, funzionari governativi, gente che fa ha fatto le ultime spese prima che i negozi chiudano. L’uomo continua a fissarmi. “Non mi riconosci?” No, non lo riconosco. Scavo nella memoria ma non ritrovo un volto che possa assomigliare a questo volto devastato. “Sono Lwanga, non ti ricordi?”

Mi si stringe il cuore. Lwanga era un ragazzo di strada di non ancora 10 anni quando insieme ad Andrew nel 1992 incominciammo ad avvicinare un gruppo che stazionava nel mercato di Riruta Satellite. Mi aveva colpito perché Lwanga é il nome di un altro dei Martiri d’Uganda, come Kizito, e i nostri nomi erano stati un buon aggancio quando lui mi si era avvicinato per chiedere da mangiare. Lwanga era diventato un entusiasta giocatore degli Yassets, la squadra di calcio organizzata da Andrew e si era trasformato in un adolescente allegro e aperto. Da qualche parte devo avere ancora una foto fatta durante gli allenamenti nel campetto della scuola di Riruta, con Andrew esultante perché la sua squadra ha vinto, e Lwanga, come al solito, gli é vicino. Non gli pareva vero di aver trovato un adulto che si interessasse di lui, lo proteggesse. Poi Andrew, poco prima di morire in un incidente d’auto nel novembre del 1997, lo rimise in contatto con la famiglia, e lo aveva sistemato nella casa di una zia, iscrivendolo anche ad una scuola di meccanici per auto. Ricordo la trepidazione con cui Andrew aveva seguito la crescita di Lwanga.

Poi, dopo la morte di Andrew, lo avevamo perso di vista. Lo rivedo solo oggi, stritolato dalla vita. Gli chiedo di venirmi a trovare a Kivuli, ma temo che non lo rivedrò. Il ragazzino che stimolato da Andrew aveva re-imparato a guardare alla vita con fiducia non c’è più. Anche lui lo sa. Mi dice che verrà, ma si capisce che non ci crede. Ormai non si aspetta più niente.

Nairobi e’ una macchina che stritola i più deboli. Chi non é forte dentro, viene distrutto. Come sempre, quando una persona come Lwanga fallisce ti fa riflettere sulla ragione del fallimento e sull’efficacia e significato del nostro impegno a fianco delle persone di strada. Andrew ha dato a Lwanga protezione e affetto, lo ha rimesso in contatto con la famiglia dedicandogli innumerevoli visite, gli ha trovato la scuola, ha dovuto convincere gli insegnanti a accettarlo nella loro classe… E tutto questo per cosa?

Per motivarci possiamo pensare alle tante persone che sono passate nelle nostre case e adesso sono giovani adulti normalmente integrati e normalmente felici, per lo meno come si può essere felici in questo mondo, per convincerci che il nostro lavoro non é stato comunque inutile.

Ma una persona ridotta come Lwanga é una sconfitta bruciante. Eppure, pensando a lui e a qualcun altro come lui, non mi pento di aver sprecato tempo, fatiche e risorse perché qualcuno di Koinonia potesse restargli vicino. Il bene resta. E’ eterno. I momenti di felicità che Andrew ha saputo donare a Lwanga, anche fossero gli unici della sua vita, saranno per sempre, oltre la morte, sia in Lwanga che in Andrew. Dobbiamo cercare di fare bene il bene, ma anche se facciamo qualche sbaglio, il bene resta.

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