E’ ormai una settimana che sono a Betlemme. Ho il grande privilegio di non assere assillato dal tempo. Gli amici Salesiani mi hanno aperto la loro casa e comunità senza condizioni, e penso di restare qui fin oltre la metà di marzo. Ben poche persone hanno una simile opportunità nella vita.
Come ho sempre fatto quando la disponibilità di tempo me lo permetteva, arrivando in un paese o in una posto per me nuovo, non mi sono messo a correre cercando di vedere tutto. Passeggio, mi siedo su una panchina, guardo la gente passare, ascolto i suoni, respiro e assaporo l’aria, lascio che l’atmosfera o lo spirito del luogo mi conquisti. In questi giorni sono stato una sola volta nella grotta nella Natività, che è a due passi dalla casa dei Salesiani, ma ho trascorso molte ore nella piazza antistante la basilica.
Oggi sono andato con l’autobus di linea a Gerusalemme – ci vuol meno di mezz’ora, come da Riruta al centro di Nairobi – ho girato i viottoli delle Gerusalemme vecchia, ho fatto pranzo con una straordinaria spremuta di melograno fatta al momento, poi sono entrato nella chiesa del Santo Sepolcro. Non mi sono messo in fila, anche perché mi davano fastidio i monaci scostanti e maleducati. Mi sono seduto sulla panca a pochi metri di distanza dell’ingresso della tomba, e per due ore sono stato ore a guardare la gente che da tutto il mondo viene in pellegrinaggio alla tomba vuota.
Il privilegio di chi non ha fretta. Di chi si sente arrivato anche se mancano pochi metri, perché può tornarci, perché dopotutto l’importante non è essere in in luogo preciso, toccare una pietra, come in un rito magico, ma lasciarsi avvolgere dal mistero di cui il luogo è memoria. Molti, più che pellegrini, sembravano turisti, entrando alla tomba vuota dopo dieci o venti minuti di fila, tutti spesi ansiosamente controllando che la batteria e il flash del telefonino o videocamera fossero carichi, per non perdere l’istante propizio per una foto nei pochi secondi di accesso. Troppi sembravano intenti a riportarsi un ricordo a casa, più che a essere presenti, a vivere quel momento e magari lasciarsi vincere dalla Vita. Difficile pensare che qualcuno stesse vivendo un’ esperienza spirituale profonda. Ma non si può mai sapere, Dio ha le Sue strade.
La tomba vuota. Da quando le discepole prima, Giovanni e Pietro poi, ci sono entrati e ne sono usciti impauriti, sconvolti, con un primo barlume di comprensione e di fede, questa tomba vuota è un segno che sfida sia il nostro scetticismo come la nostra speranza. Dà senso a tutta la vita di Gesù, dalla nascita nella grotta di Betlemme alla crocifissione. Perché quel vuoto richiama la pienezza di vita che Gesù ha vissuto e ci ha donato. Lo rivedi sul monte che spiega dove trovare la felicità, risenti la sua voce esigente che parla di giustizia e di fraternità, ascolti come nuove le sue parole che ti liberano dall’ansia di potere e di ricchezza, immagini di vedere in un suo sorriso le sua tenerezza verso tutti. Quel segno strano, la tomba vuota, dà senso alla mia vita. Uno sprone per rimettersi in cammino per cercarlo, perché Lui non è qui, in questa tomba vuota, ma non sta più nemmeno solo nei templi e nelle chiese, perché il giorno è venuto in cui i veri adoratori adorano il Padre in Spirito e verità e i sacrifici graditi al Signore si possono offrire come fece il il Samaritano, versando olio e vino sulle ferite di chi giace ai margini della strada.
It ‘s been a week since I arrived in Bethlehem. I have the great privilege of not being haunted by time. The Salesians friends have opened for me their home and their community without conditions, and I think to remain here until after mid-March. Very few people have such a chance in life.
As I have always done when the availability of time allowed me, when coming into a country or a place that are new for me, I did not started running around, trying to see everything. I walk, sit on a bench, watch people go by, listen to the sounds, breath and savour the air. I let the atmosphere or spirit of the place overcome me. In these days I went only once to visit the Nativity cave, that is a short walk from the house of the Salesians, but I spent many hours in the square outside the basilica.
Today I went with a bus in Jerusalem – it takes less than half an hour, as from Riruta to the centre of Nairobi – and toured the narrow streets of old Jerusalem, I had lunch with an freshly mad and amazing pomegranate juice, then I entered the church of the Holy Sepulchre. I did not lined up to enter the empty tomb, because I was bothered by the unfriendly and rude monks . I sat on the wooden bench a few meters away of the entrance of the tomb, and for two hours I watched people from all over the world who came on pilgrimage to the empty tomb.
It is really a privilege not to be in a hurry. The privilege of those who feel they have arrived even if they still have to cover a few meters, because they can come back at leisure, because after all, the important thing is not to be in that exact place or to touch that exact stone, as in a magic ritual, but to be enveloped by the mystery of which the place is memory. Many of the visitors appeared to be tourists more then pilgrims, entering the empty tomb after ten or twenty minutes in line, busy checking that the battery and flash of the phone or camera were charged, not to lose the propitious moment for a photo in the few seconds they were allowed to stay in the tomb. Too many seem to be worried to take home a souvenir, rather than to be present, to live that moment and perhaps allow the presence of the real Life to overcome them. Difficult to think that they were living a profound spiritual experience. But you never know, God has His ways.
The empty tomb. Since the first women disciples, and then Peter and John, went in and they came out scared, shocked, with a first glimmer of understanding and faith, that empty tomb is a sign challenging our scepticism as well as our hope. It gives meaning to the whole life of Jesus, from the birth in Bethlehem to the crucifixion. Because that emptiness recalls the fullness of life that Jesus lived and donated to us. You see him again on the hill explaining where to find happiness, you hear again his demanding voice speaking of justice and fraternity, you listen again to his words freeing you from the anxiety of power and wealth, you imagine to see his smile showing tenderness towards all. That strange sign, the empty tomb, gives meaning to my life. It is a spur to go back out there and look for Him, because he is not here in this empty tomb, but it is not even only in temples and churches, because the day has come when the true worshippers will worship the Father in spirit and truth, because the time has come when the sacrifices pleasing to the Lord are as the one of the Samaritan, pouring oil and wine on the wounds of those lost by the wayside.
Very inspiring article to help us reflect on living for the moment. Indeed in today’s world we are always in a hurry; in an endless rush in search for happiness, money and anything that would make our lives better. How great it would be if each of us were not “haunted by time”.
Grazie Kizi,
per un attimo mi è sembrato di essere lì sulla panca, seduto accanto a te.
Buon cammino nella terra del Risorto!
What an inspiring piece this is. I wish I were there to experience it. It brings me to realize the detriments of my fast-paced life that has so wrongly become synonymous with success in my part of the world.