I bambini che Jack raccoglie dalle strade di Kibera hanno sensibilità, immaginazione e creatività come tutti i bambini del mondo. Forse di più. La vita dura, senza pietà, che hanno vissuto dà loro ali per volare più in alto. Sentirli raccontare le loro storie, proporre le loro riflessioni, hanno donato momenti indimenticabili ai tanti amici che in questi anni hanno visitato Ndugu Mdogo.
Marita e Aija, finlandesi esperte produttrici di video che avevano già lavorato con bambini in contesti diversi, hanno proposto ad alcuni bambini di Kibera di raccontarsi davanti ad una videocamera, illustrandosi anche con immagini fatte da loro. Hanno fatto un montaggio semplicissimo e, in un documentario di trenta minuti, sedici ragazzini aprono uno spiraglio sulle loro vite. C’è chi si racconta in poesia, chi parla in terza persona, e chi si limita ad un elenco dei suoi viaggi in Kenya. Magari non lo dice, ma li ha fatti aggrappandosi per decine di chilometri sotto gli autobus di linea, le braccia indolenzite per tenere la testa lontana dall’asfalto.
Lo scorso 10 dicembre il video è stato presentato alla Shalom House alla presenza dell’Ambasciatore della Finlandia, dei nuovi Trustees di Koinonia e di un centinaio di ospiti. I protagonisti del video sono stati anche i protagonisti dell’evento. Con grande naturalezza e semplicità – non come i bambini con atteggiamenti da adulti che mi è capitato di vedere in qualche trasmissione mentre ero in Italia – hanno ricevuto e intrattenuto gli ospiti anche con i loro canti. Il video si chiama Story Yangu ya Kibera (La mia storia da Kibera), avrei voluto allegarvi un trailer ma è troppo pesante. Potete comunque visitare il blog che Marita ha tenuto durante i quasi due mesi di permanenza, dove ci sono anche tante foto. http://storiyanguyakibera.wordpress.com/
Perché siamo cosi interessati a conoscere le storie degli altri? Giornalismo, letteratura, tutta l’arte sono il racconto di storie. Le storie ci aprono al mondo degli altri. L’ incanto con cui un bambino ascolta una favola, o i miti raccontati dagli anziani, sono un’educazione alla sensibilità che poi permette di capire gli altri al di là di ciò che gli occhi vedono e che le orecchie sentono. Ci aprono alla vita, nostra e degli altri, e al suo significato profondo. Non capiremo mai tutto fino in fondo, cosi come non riusciremo mai a capire e spiegare tutte le dimensioni che una parabola del Vangelo ci fa intuire. Le storie degli altri ci avvicinano, più delle filosofia o della teologia, al mistero della nostra umanità e a mistero di Dio, e con esse capiamo meglio anche il senso della nostra storia personale. Capiamo lentamente, crescendo, che non siamo il centro del mondo, ma che la nostra vita appartiene al contesto degli altri.
Oggi, Natale, tutti i bambini di Kibera, Riruta e Kawangware che quest’anno sono entrati in contatto con gli operatori di Koinonia, sono qui con noi, a Kivuli. Un centinaio di vite che si incontrano, si raccontano e si ritrovano intorno alla storia del Bambino nato a Betlemme duemila anni fa. Anche Lui, discretamente, con pazienza e amore, come Lui sa fare, è entrato a far parte della nostra storia, la story yangu ya Kibera.