Nel suo testamento spirituale, Don Lorenzo Milani si diceva sicuro che Dio lo avrebbe perdonato anche se qualche volta aveva corso il rischio di avere voluto più bene ai suoi ragazzi che a Lui. Quell’affermazione mi colpì. Poi, nel corso degli anni, quando ho cercato di fare alcune cose, cercando magari maldestramente di imitare Don Milani, mi sono reso conto di quanto questo rischio sia autentico.
Per questa ragione la brutta storia, che sembra finalmente conclusa, mi ha ferito profondamente. Perché mi ha toccato in quei rapporti umani con i bambini e i giovani con i quali ho lavorato negli ultimi vent’anni, rapporti che considero la mia ricchezza più grande. Il fatto che dovunque vada, a Nairobi, come a Lusaka, o sui Monti Nuba, sempre incontro giovani e bambini che mi accostano con fiducia e mi parlano della loro vita, dà un senso alla mia vita.
Le accuse di cui sono stato oggetto miravano a impedirmi di ritornare in Africa, così da consentire ai miei accusatori di impossessarsi delle strutture che, dalla fine degli anni ’80 ad oggi, Koinonia ha costruito al servizio dei poveri. Per far ciò si è cercato di distruggere proprio questo rapporto con la gente e con coloro che sono stati il centro e la ragione del mio, del nostro lavoro in quanto Koinonia. Per me lo scrivere, l’insegnare e tutte le altre attività di animazione e di promozione umana, che magari all’inizio avevano un loro significato, nel corso degli anni sono diventati importanti solo in funzione del servizio ai bambini e ai giovani che si accostano alle tante attività che Koinonia ha avviato per loro.
Cosa cambia adesso? È troppo presto per dirlo. Ci sono ancora alcuni passi difficili da affrontare. Ci sono due querele contro di me, contro i missionari Comboniani e l’arcidiocesi di Nairobi. Sono basate su accuse false e per le quali ovviamente non ci sono prove: probabilmente, dopo la dichiarazione del portavoce della polizia, saranno ritirate. Ma la giustizia umana è sempre passibile di forzature. Un altro passo sarà il decidere se e come querelare le persone e le istituzioni che hanno fatto questo gioco e che certamente avevano, e probabilmente ancora hanno, coperture importanti.
In tutta questa vicenda, per me pesantissima, ho avuto un sostegno fondamentale dalla solidarietà espressami da moltissimi – tanti amici ma anche tante persone che non conosco personalmente – attraverso appelli pubblici, lettere, telefonate, e con la preghiera. Particolarmente vicini mi sono stati i confratelli e i confratelli keniani, che mi hanno protetto e difeso, esponendosi in prima persona..
Cambierà qualcosa nelle mie attività e nel mio modo di vivere in Africa? Ancora non so rispondermi. Io vorrei continuare a migliorare il mio rapporto con tutti coloro che mi stanno intorno, ma mi accorgo che i fatti recenti mi hanno lasciato dei segni negativi. Spero di continuare a crescere e superare tutto positivamente. E che Dio continui a donarmi la pace e la forza interiore, che mi hanno sostenuto in questi mesi.