La scorsa settimana ho visitato i Nuba, al centro
Ovunque la cerimonia della consegna della pagelle. Nell’ istituto magistrale, dove ci sono alunni che provengono da distanze che si coprono in tre, quattro, cinque giorni di cammino, l’atmosfera e’ quella che si respira in tutto il mondo negli ultimi giorni di scuola, a meta’ fra gioia e malinconia: finalmente si torna a casa, ma non vedro’ più gli amici, fino a ottobre, e magari per molti anni a venire per chi ha completato il corso. Ormai ci sono diplomati
I diplomati, che vivono in capanne auto costruite tutto intorno alle aule in mattoni che siamo riusciti a costruire negli ultimi anni, si sono preparati dei cappelli di carta che imitano nella forma quelli con cui si addobbano i laureati nelle universita’ inglese. Ma non sono comici, sono ragazze e ragazzi che per fare questi due anni di studi hanno fatto sacrifici enormi. Li rappresenta tutti una ragazza la cui mamma, incontenibile,  la porta in giro per mano e orgogliosamente la mostra a tutti, toccandosi la pancia e facendo a ciascuno un discorsetto in una delle mille lingue Nuba. Mi traducono: “Questa mia figlia che oggi ha ricevuto il diploma e’ cresciuta nel mio ventre, proprio questo ventre qui. Pensa che il commerciante arabo del nostro villaggio diceva che noi Nuba siamo stupidi come animali! Invece guarda qui questa mia figlia con il diploma in mano!â€
L’ ultima sera sono assolutamente esausto. Al mattino la lunga cerimonia per la consegna dei diplomi ai maestri, discorso, poi la programmazione
Scelgono il brano della conversione di San Paolo. Si accende una torcia solo per fare la lettura poi si continua alla luce delle stelle. Il lettore e il commentatore parlano un inglese stentato, poi il predicatore decide di passare all’ arabo, e quando il traduttore fa fatica a trovare la parola giusta alcuni dei presenti offrono i loro suggerimenti. Dalla mia posizione vedo il profilo
Ed ecco, improvvisamente, Dio e’ qui. Una presenza solida, che si va viva nelle parole e nella presenza di questa gente buona e dignitosa. Una presenza che riempie tutto. Non c’e’ piu’ uno spazio vuoto, ci compenetra, siamo tutti uniti nel Tutto.
Intanto, poco a poco, sono arrivate una cinquantina di persone. Hanno visto la luce della mia torcia mentre scendevo dalla collina di Kerker, ed hanno fatto un bel pezzo a piedi, al buio, per venire a pregare insieme agli altri. Sono tutti giovani fa i 20 1e i 30 anni e quando mi offrono la pace sento fra le mie le loro mani callose di maestri-contadini.
Domani torniamo a Nairobi. Ancora una volta ho visto che la chiesa non e’ un tempio, la chiesa e’ fatta di gente che cammina e cerca Dio.